Piccoli interruttori, grandi effetti

Decodificato il meccanismo dei fotointerruttori - con un potenziale per la medicina, i materiali e l'elettronica

16.09.2025

Un team interuniversitario della TU Wien e dell'Università di Vienna ha compiuto importanti progressi nella comprensione dei cosiddetti fotointerruttori. Questi minuscoli "interruttori luminosi" molecolari cambiano la loro struttura quando sono esposti alla luce, come un interruttore che passa da "acceso" a "spento". Applicato alla chimica, ciò significa che la molecola passa dalla sua forma allungata a quella piegata, cambiando così le sue proprietà chimiche. La capacità di commutare le molecole in modo mirato apre prospettive di applicazione in medicina, scienza dei materiali e archiviazione dei dati. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Angewandte Chemie.

Copyright: Maximilian Wutscher

Si può pensare agli interruttori fotografici come a un ottovolante con due punti: a sinistra va veloce, a destra va lento.

Comprendere e prevedere gli interruttori molecolari

Per molto tempo non è stato chiaro perché certe molecole si comportassero in un modo o nell'altro. Il team è ora riuscito a dimostrare che anche i più piccoli cambiamenti chimici - i cosiddetti sostituenti - sono decisivi nel determinare se un fotoswitch rimane attivo per pochi secondi o rimane stabile per un periodo di tempo più lungo. Il team si è concentrato sulla classe di sostanze arilazopirazoliche, da tempo studiate come potenziali fotoswitch.

Marko Mihovilovic, preside della Facoltà di Chimica Tecnica della TU Wien, paragona il processo sottostante a un giro sulle montagne russe: "Si può immaginare come un ottovolante con due interruttori: Se giro a sinistra, la molecola cambia rapidamente, se giro a destra, cambia lentamente. Ma devo capire questo processo per poter commutare in modo mirato".

Il team è riuscito a capire esattamente come funziona collegando il modello teorico dell'Università di Vienna e i dati sperimentali della TU Wien. Solo l'interazione di entrambi gli approcci ha permesso di comprendere e prevedere con precisione i tempi di commutazione.

Nuove prospettive grazie a un controllo mirato

Grazie a queste nuove conoscenze, per la prima volta è stato possibile "personalizzare" la durata di vita di questi fotointerruttori. Si tratta di un passo decisivo verso applicazioni in cui le molecole possono essere attivate dalla luce in modo controllato. In particolare, nel campo della fotofarmacologia - cioè dei farmaci che, grazie alla luce, diventano efficaci solo nel punto desiderato dell'organismo - ciò potrebbe contribuire a ridurre gli effetti collaterali e a controllare i trattamenti in modo più preciso. Ma nuove possibilità si aprono anche nell'elettronica, dove sono richiesti tempi di commutazione estremamente brevi, o nella ricerca sui materiali, dove si suppone che i materiali cambino con la semplice pressione di un tasto.

"Siamo ingegneri molecolari: assembliamo le molecole in modo che abbiano le proprietà desiderate", spiega Mihovilovic. "Se capiamo come avvengono i processi di commutazione molecolare, possiamo controllare effetti che vanno dal microscopico al macroscopicamente misurabile".

Teoria ed esperimento si completano a vicenda

Anche l'aspetto teorico ha svolto un ruolo decisivo. "Solo con i calcoli possiamo capire perché alcune molecole commutano rapidamente e altre lentamente - e come queste proprietà possono essere previste", spiega Leticia González dell'Istituto di Chimica Teorica dell'Università di Vienna. "Questo permette di sviluppare in modo specifico nuove molecole con proprietà di commutazione personalizzate, senza doversi affidare a prove ed errori".

Le conoscenze non si limitano inoltre al campo della fotofarmacologia, anche se questo è l'obiettivo del team di ricerca. Il funzionamento è infatti lo stesso, indipendentemente dal fatto che si tratti di molecole nei materiali o di prodotti farmaceutici. Il lavoro è stato svolto in collaborazione tra l'Istituto di Chimica Sintetica Applicata della TU Wien e l'Istituto di Chimica Teorica dell'Università di Vienna. Il progetto è stato finanziato dal Fondo austriaco per la scienza (FWF).

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