Nuove conoscenze sugli effetti collaterali del tamoxifene

27.08.2025

Un gruppo di ricerca internazionale che riunisce la Prof.ssa Kirsten Kübler dell'Istituto di Sanità di Berlino presso la Charité (BIH) e colleghi del Broad Institute del MIT e di Harvard, del Mass General Brigham e del Dana-Farber Cancer Institute ha identificato un meccanismo finora sconosciuto attraverso il quale il tamoxifene, farmaco contro il cancro al seno, può aumentare il rischio di tumori secondari nell'utero. Lo studio dimostra che il tamoxifene attiva direttamente una via di segnalazione cellulare chiave (nota come PI3K), un fattore centrale nello sviluppo dei tumori uterini sporadici, mettendo così in discussione i modelli precedentemente accettati di sviluppo del cancro legato alla terapia.

Svenja Kübler

Rappresentazione semplificata di una cellula di cancro al seno

Dalla sua introduzione negli anni '70, il tamoxifene ha migliorato significativamente i tassi di sopravvivenza di milioni di pazienti affette da tumore al seno positivo per il recettore degli estrogeni. Tuttavia, oltre ai suoi benefici salvavita, il tamoxifene è stato anche collegato, anche se raramente, a un rischio elevato di cancro dell'utero. Finora, la causa molecolare precisa di questo effetto è rimasta poco chiara.

I nuovi risultati rivelano il meccanismo: nei carcinomi uterini associati al tamoxifene, le mutazioni del gene oncologico PIK3CA, molto comuni nei tumori uterini che insorgono spontaneamente e che portano all'attivazione della via di segnalazione PI3K, si verificano molto meno frequentemente. Invece, il tamoxifene stesso assume il ruolo di attivatore del segnale della via PI3K, rendendo superflue tali mutazioni.

"I nostri risultati dimostrano per la prima volta che l'attivazione di una via di segnalazione pro-tumorale da parte di un farmaco è possibile e forniscono una spiegazione a livello molecolare di come un farmaco antitumorale di grande successo possa paradossalmente promuovere lo sviluppo di un tumore in un altro tessuto", spiega la prof.ssa Kirsten Kübler, leader del gruppo di ricerca alla BIH. "Il tamoxifene aggira la necessità di mutazioni genetiche nella via di segnalazione PI3K, uno dei fattori chiave del cancro dell'utero, fornendo direttamente lo stimolo per la formazione del tumore".

Verso una maggiore sicurezza terapeutica

Sebbene il rischio complessivo di sviluppare un tumore dell'utero durante la terapia con tamoxifene rimanga molto basso - e i benefici del farmaco superino di gran lunga i rischi - i risultati aprono nuove opportunità per migliorare ulteriormente la sicurezza del trattamento. Oltre a offrire una spiegazione biologica a questo enigma medico di lunga data, la scoperta pone le basi per strategie di prevenzione e intervento personalizzate.

In progetti futuri i ricercatori intendono indagare se meccanismi simili possano avere un ruolo anche negli effetti collaterali di altri farmaci.

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