Più forti insieme: una nuova proteina di fusione potenzia l'immunoterapia del cancro

23.09.2025

Una molecola di nuova concezione riunisce due potenti strategie di immunoterapia in un unico trattamento. I ricercatori dell'Università di Basilea e dell'Ospedale Universitario di Basilea hanno dimostrato che questa proteina di fusione è in grado di bloccare il segnale di "non attacco" utilizzato dalle cellule tumorali e di attivare selettivamente le cellule immunitarie che combattono il tumore. Questa duplice azione potrebbe aprire la strada a terapie antitumorali più efficaci e con minori effetti collaterali.

All'inizio degli anni '80, a Linda Taylor, a soli 33 anni, fu diagnosticato un tumore della pelle in stadio avanzato e la prognosi fu infausta. Fortunatamente, incontrò il dottor Stephen Rosenberg del National Cancer Institute di Bethesda, nel Maryland, che la curò con un approccio sperimentale che sfruttava il sistema immunitario dell'organismo per combattere la malattia. Nel 1984, Taylor divenne la prima paziente ad essere guarita grazie all'immunoterapia, un caso rivoluzionario che cambiò per sempre il panorama del trattamento del cancro.

Quella terapia pionieristica si basava sull'interleuchina-2 (IL-2), una molecola di segnalazione che attiva molti tipi di cellule immunitarie per attaccare i tumori. L'IL-2 divenne in seguito la prima immunoterapia approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense. Tuttavia, pur essendo efficace, la terapia con IL-2 causa spesso gravi effetti collaterali e può anche stimolare le cellule T regolatorie, che smorzano la risposta immunitaria invece di potenziarla.

Meno effetti collaterali, maggiore efficacia

Per superare queste limitazioni, gli scienziati hanno recentemente generato varianti migliorate dell'IL-2 progettate per colpire specificamente le cellule immunitarie che uccidono i tumori. La nuova proteina di fusione, sviluppata dall'azienda farmaceutica Roche, compie un ulteriore passo avanti combinando una variante dell'IL-2 (IL-2v) con un anticorpo che si lega al PD-1, un recettore presente in gran numero sulle cellule immunitarie all'interno dei tumori.

Su Science Translational Medicine, un gruppo di ricerca guidato dal professor Alfred Zippelius del Dipartimento di Biomedicina riporta risultati promettenti con questa proteina di fusione utilizzando cellule tumorali e immunitarie di pazienti affetti da cancro al polmone. I ricercatori hanno dimostrato che la molecola ha attivato selettivamente le cellule immunitarie isolate dai tumori dei pazienti che colpiscono e distruggono direttamente le cellule tumorali, senza innescare le cellule T regolatorie soppressive. Inoltre, ha risvegliato le cellule immunitarie "esauste" che erano state rese inattive dalla stimolazione cronica nell'ambiente tumorale.

Rimozione e attivazione del blocco

La fusione dei due componenti, anticorpi PD-1 e IL-2v, presenta due vantaggi: L'anticorpo guida l'IL-2v direttamente al sito del tumore, dove attiva le cellule immunitarie più capaci di distruggere le cellule tumorali. Allo stesso tempo, l'anticorpo blocca la via PD-1, che i tumori utilizzano per sopprimere l'attacco immunitario, liberando di fatto i freni del sistema immunitario e consentendogli di rispondere in modo più aggressivo.

"Il tumore normalmente limita il sistema immunitario, ma la molecola di fusione supera questa inibizione e attiva ulteriormente le cellule immunitarie", riassume la dott.ssa Clara Serger, uno dei due primi autori dello studio.

I risultati del team forniscono indicazioni cruciali sul funzionamento di questa terapia innovativa e possono aiutare a guidare ulteriori perfezionamenti. La proteina di fusione è attualmente in fase di valutazione in uno studio clinico di fase I condotto da Roche.

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