Lost in translation: scoperta una nuova vulnerabilità del cervello che invecchia

Un team di ricerca internazionale ha scoperto che nel cervello che invecchia si perdono alcune proteine, anche se le loro cianografie di mRNA rimangono intatte.

13.08.2025

La proteostasi descrive l'equilibrio delle proteine nelle cellule, che comprende la produzione continua di nuove proteine, il loro corretto ripiegamento e la degradazione delle proteine danneggiate o ridondanti. Questo equilibrio è essenziale per la salute delle cellule; se è sbilanciato, le proteine mal ripiegate o ridondanti possono accumularsi, con conseguenze potenzialmente dannose. Tali disfunzioni sono una caratteristica tipica dell'invecchiamento e sono strettamente legate a malattie come l'Alzheimer e il Parkinson.

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Durante la biosintesi delle proteine nel cervello che invecchia, i ribosomi rallentano la traduzione, soprattutto in corrispondenza di sequenze con molti aminoacidi di base. Di conseguenza, le proteine importanti vengono prodotte in modo meno efficiente nonostante la presenza di modelli di mRNA.

Un team di ricerca internazionale del Leibniz Institute on Aging - Fritz Lipmann Institute (FLI) di Jena, della Scuola Normale Superiore di Pisa e dell'Università di Stanford ha studiato come il processo di invecchiamento influenzi la proteostasi nel cervello. Nel corso di questo lavoro, hanno identificato un meccanismo centrale che altera la proteostasi nel cervello che invecchia, con conseguenze di vasta portata. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Science".

L'organismo modello killifish fornisce intuizioni precise

È stato analizzato il cervello del killifish (Nothobranchius furzeri), un organismo modello consolidato nella ricerca sull'invecchiamento che mostra i tipici cambiamenti cerebrali legati all'età, come i processi neurodegenerativi.

L'équipe ha analizzato in modo esaustivo come viene regolata l'espressione genica durante l'invecchiamento, dalla trascrizione delle informazioni genetiche (trascrittoma) alla produzione di proteine da parte dei ribosomi (traslatoma) fino alla composizione effettiva delle proteine formate (proteoma). "Questo approccio in più fasi ci ha permesso di determinare con estrema precisione a quale livello si verificano i cambiamenti legati all'età e quali meccanismi sono perturbati", spiega Domenico Di Fraia, ex studente laureato della FLI e co-autore dello studio.

Perdita di proteine nonostante l'impronta intatta

Lo studio si è concentrato su un'osservazione notevole: molte proteine, in particolare quelle con numerosi aminoacidi di base (ad esempio, arginina e lisina), sono diminuite in modo significativo nel cervello che invecchia. Queste proteine svolgono un ruolo centrale nell'elaborazione del DNA e dell'RNA e nella formazione dei ribosomi. La loro assenza può avere conseguenze cellulari di vasta portata.

Sorprendentemente, l'mRNA, cioè il corrispondente progetto di queste proteine, era presente in quantità normali. "Questo è stato un chiaro segno che il problema non risiedeva nella degradazione, ma nella produzione delle proteine", spiega Alessandro Ori, capo gruppo di ricerca associata presso l'FLI e autore senior dello studio.

Ulteriori analisi hanno mostrato che i ribosomi - le "fabbriche di proteine" della cellula che producono le proteine a partire dai progetti di mRNA - si sono bloccati su sequenze contenenti aminoacidi di base. I ribosomi si sono "fermati" o addirittura scontrati, impedendo il corretto completamento della proteina corrispondente o addirittura la sua formazione iniziale. Questo è indice di un disturbo specifico della traduzione nel cervello che invecchia.

Questi disturbi hanno colpito soprattutto le proteine responsabili di importanti compiti centrali come la riparazione del DNA, l'elaborazione dell'RNA, la divisione cellulare e la produzione di energia nei mitocondri. Sono quindi strettamente legati a molti "segni distintivi dell'invecchiamento" già noti, ovvero alle caratteristiche biologiche tipiche dell'invecchiamento.

Traduzione interrotta - non degradazione delle proteine

Per escludere la possibilità che la perdita di proteine non fosse dovuta a un aumento della degradazione, il team ha bloccato specificamente il proteasoma, il "sistema di smaltimento dei rifiuti" cellulare. Questo sistema garantisce la qualità delle proteine, eliminando quelle danneggiate, mal ripiegate o non più necessarie, contribuendo così a mantenere la funzione e la stabilità dei processi cellulari.

"Anche se questo ha cambiato il proteoma, la perdita di proteine di base è rimasta. Quindi, non sono state degradate, ma apparentemente non sono state prodotte correttamente. Ciò ha confermato la nostra ipotesi che la causa risieda a livello di traduzione, cioè di biosintesi delle proteine", ha continuato Antonio Marino, ex studente laureato della FLI e co-first author dello studio.

Reazione a catena nel cervello che invecchia

Utilizzando un modello integrativo, è stato inoltre dimostrato che la ridotta funzione dei ribosomi durante l'invecchiamento influisce sulla produzione di alcune proteine più di altre. Alcuni mRNA vengono letti in modo più efficiente perché ci sono meno "ingorghi", mentre altri non vengono letti affatto. Ne consegue una sorta di reazione a catena: i ribosomi mancanti promuovono ulteriori cambiamenti nella traduzione e contribuiscono a modificare la composizione proteica dei cervelli anziani.

"Le proteine dei mitocondri e del sistema nervoso sono particolarmente colpite", aggiunge Alessandro Ori. "Questo squilibrio altera l'equilibrio delle proteine nel cervello e potrebbe essere un possibile fattore scatenante di malattie legate all'età, come l'Alzheimer o il Parkinson".

Risultati rivoluzionari per la ricerca sull'invecchiamento e sulla demenza

Lo studio fornisce la prima spiegazione conclusiva del fenomeno della mancata corrispondenza tra i livelli di mRNA e di proteine nel cervello che invecchia, fenomeno noto anche nell'uomo. Il motivo è un malfunzionamento della sintesi proteica, in cui i ribosomi si bloccano. Abbiamo identificato un punto debole del macchinario cellulare che si guasta sempre di più con l'invecchiamento", "Questo malfunzionamento potrebbe avere un ruolo centrale nello sviluppo delle malattie neurodegenerative".

Questi risultati ampliano le precedenti osservazioni di studi sui nematodi e dimostrano che i disturbi della traduzione sono un fattore importante nel declino della proteostasi nei cervelli dei vertebrati che invecchiano.

A lungo termine, i risultati potrebbero aprire nuove possibilità per terapie che prevengano in modo specifico la perdita di proteine importanti, contrastando così le malattie neurodegenerative.

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